PIOMBINO 5 Dicembre 2015 - La crisi che stiamo attraversando rischia di coinvolgere “Noi Piombinesi” in una sorta di transumanza sociale, aggravata dal paradosso di vivere con ansia questo difficile percorso, perché non riusciamo ad immaginare una destinazione certa. Ed il fatto di ritrovarsi senza un punto di riferimento, dopo aver accettato passivamente che il Sistema politico, sindacale e religioso di Piombino, agisse in quest’ultimo decennio, come un unico blocco compatto affidato ad un “Uomo Chiave”, definito da un giornalista del “Sole 24 ore”, Podestà, certamente non aiuta. Comunque sia, di fronte a questa provocazione, “Noi Piombinesi” non abbiamo reagito, a testimonianza che questo metodo di gestione, se non proprio condiviso, era comunque accettato passivamente da tutti.

In questo senso non trova giustificazione l’insistenza delle ripetute contestazioni nei confronti del nuovo Sindaco Massimo Giuliani, da alcuni fischiato durante la manifestazione del 2 dicembre a Piombino. Resta oggettivamente difficile attribuite precise responsabilità al nuovo Sindaco, a fronte di una crisi di sistema, mai vissuta prima. Crisi che le precedenti Amministrazioni non sono state all’altezza di prevenire e gestire, con iniziative atte ad evitare la disastrosa conseguenza della chiusura dello Stabilimento Siderurgico di Piombino. Chiare indicazioni che lo Stabilimento Siderurgico di Piombino fosse destinato ad essere un vuoto a perdere, risalgono alla fine degli anni ottanta. Si è finto di ignorare che lo stesso Lucchini, anziché investire nello Stabilimento di Piombino, abbia ritenuto conveniente delocalizzare la produzione in Polonia. Quindi, già allora, risultava evidente il tragico destino dello Stabilimento Siderurgico di Piombino.

Ciò premesso, “Noi Piombinesi”, dobbiamo chiederci come sia stato possibile, che nonostante tutto questo, un elemento antropologico, abbia finito per privilegiare le narrazioni credibili delle precedenti Amministrazioni, determinando una sorta di rifiuto di questi fatti concreti.
 La psicologia sociale ha ben noto questo meccanismo perverso. Si manifesta soprattutto quando la gente smarrisce se stessa, quando non trova più un riferimento certo verso cui dirigersi. Nasce così quell’immaginario collettivo di sentirsi al sicuro quando affidiamo ad un “Uomo Chiave”, la soluzione dei nostri problemi. Di fatto rinunciamo ad ogni forma di riflessione autocritica, come un gregge che segue fiducioso il suo Pastore.  In questo senso
“Noi Piombinesi” siamo corresponsabili di quanto ci sta accadendo. Per questo ci sentiamo smarriti e persino pronti ad accettare condizioni di lavoro, con una sostanziale sottomissione alle nuove regole di mercato, che di fatto, risultano restrittive dei diritti sindacali in precedenza acquisiti. In un certo senso, siamo orfani della verità che innesca una crisi di identità e di fiducia in noi stessi. Deprimente la visione di giovani operai, durante la manifestazione tenutasi a Piombino il 2 dicembre. Con una mano tenevano impugnato un tubo di alluminio che sosteneva bandiere di colori diversi. Predominava il rosso. Con l’altra mano tenevano sul petto un cartello con sopra scritto “SONO UN CASSAINTEGRATO”.

Imbarazzo ed umiliazione espressi da occhi smarriti. Quasi la consapevolezza di una dignità perduta.  Allora questa verità, per quanto qualcuno tenti di manipolare, resta pur sempre la verità da cui occorre ripartire. Dobbiamo trovare il modo di raccontare questa verità con la nostra voce, riconoscendo di aver sottovalutato per troppi anni, i segnali di una crisi globale che avrebbe finito per coinvolgerci. Abbiamo delegato altri, ad essere al centro di scelte che predisponevano il futuro non solo di” Noi Piombinesi”, ma dell’intera Comunità della Val di Cornia. E’ già stato evidenziato che resta impossibile, nelle attuali condizioni, prevedere quali cambiamenti economici, sociali e politici, condizioneranno nel prossimi 50 anni, l’intera Comunità della Val di Cornia. E che piaccia o no, dobbiamo riconoscere che il Sistema politico, sindacale e religioso di Piombino, come un unico blocco compatto, affidato ad un “Uomo Chiave”, non ha funzionato. Ma soprattutto dobbiamo ancora riflettere, come sia stato possibile, privilegiare narrazioni credibili e felici, quando tutto intorno a noi, preannunciava una crisi globale spaventosa, mai conosciuta prima.